Maggio 23, 2022
Le aziende sono ben consapevoli della necessità di essere preparate di fronte a situazioni impreviste, cioè di avere un’organizzazione resiliente in grado di affrontarle cogliendo opportunità anche dagli aspetti negativi e di uscirne positivamente grazie alla capacità di gestire il cambiamento. Un efficace contributo alla resilienza, in grado di ridurre il numero delle situazioni impreviste, può venire dalla creazione di una mappa della vulnerabilità dell’azienda basata su uno scenario di rischio nel quale collocare gli eventi indesiderati che possono potenzialmente accadere:
Definire il quadro dei fattori di rischio connessi agli eventi indesiderati e progettarne adeguate misure di prevenzione o di mitigazione, permette di riconoscere più tempestivamente e con maggiore completezza i momenti di difficoltà, resistere meglio agli impatti negativi e reagire più rapidamente con azioni innovative.
La gestione della supply chain aziendale è un tassello di questo scenario e l’acquisto di beni e servizi che contribuiscono alla creazione della catena del valore ne è una importante componente.
Molte aziende, nel contesto della globalizzazione dei mercati, hanno adottato business model che, pur finalizzati alla ricerca di benefici, contengono dei driver di rischio di fornitura, ovvero fattori di inasprimento che possono aumentare la probabilità di accadimento di un evento di rischio così come la severità del suo impatto sulle prestazioni aziendali:
Fornitura interrotta, qualità degradata, costi lievitati, vincoli giuridici imprevisti, problemi di reputazione ereditati dal fornitore sono fattori che mettono a rischio l’intera supply chain e la business continuity aziendale.
La visibilità sulla rete di fornitura permette di individuare le fonti di rischio e prendere decisioni finalizzate a limitarne l’impatto mettendo in campo le giuste misure basate su strategie di mitigazione quali:
L’analisi degli eventi negativi, classificati secondo la natura del problema, per esempio “mancata consegna” piuttosto che “degrado della qualità”, e le cause scatenanti, per esempio “materie prime” piuttosto che “scorte di sicurezza”, permette una mappatura dei fattori di rischio più rilevanti, che causano incertezza sul regolare svolgimento delle attività, influenzando i flussi attesi di informazioni, materiali e prodotti.
Il controllo del rischio relativo ai beni oggetto di acquisto richiede il monitoraggio di indicatori, quali per esempio:
Il controllo del rischio legato ai fornitori si può esercitare tramite il processo di accreditamento nell’albo fornitori e il sistematico monitoraggio delle prestazioni e dei comportamenti, grazie anche a strumenti efficaci come le piattaforme digitali di procurement. La classificazione in fornitori critici, strategici e ordinari può indirizzare la costruzione di adeguati profili di rischio contestualizzati al proprio ambiente e al livello di rilevanza e di criticità per il business dell’azienda.
Il rischio reputazionale, potenzialmente capace di arrecare rilevanti danni all’azienda, può essere in parte ereditabile dalla filiera di fornitura e impone quindi un’attenta valutazione di fornitori diretti e subfornitori attraverso indicatori quali:
La sostenibilità finanziaria, da sempre all’attenzione delle aziende, può disporre di un ampio spettro di indicatori di rischio messi a disposizione anche da information provider specializzati, tenendo anche conto delle normative della nuova riforma della crisi di impresa. Infine, il rischio operativo può essere rilevato con il controllo delle prestazioni del fornitore attraverso indicatori come:
Un’insufficiente valutazione di tutti i rischi potrebbe addirittura vanificare i benefici prodotti da una collaborazione virtuosa tra azienda e fornitore basata su condivisione di strategie, obiettivi e processi di ottimizzazione della supply chain.
La mappatura dei fattori di rischio ha un duplice obiettivo: definire delle priorità, classificandoli in base alla loro criticità nel contesto specifico d’impresa sia in termini di probabilità di accadimento che di impatto atteso sulle prestazioni aziendali; stilare un piano di azione suggerendo diverse strategie di mitigazione. Si arriva quindi alla definizione di una mappa di vulnerabilità che rappresenta l’esposizione dell’azienda al rischio di fornitura.
L’interrelazione tra resilienza nella supply chain e gestione dei rischi presenti nel ciclo di acquisto trova riscontro nel peso dell’impatto del rischio legato a disponibilità, qualità e prezzi dei beni e all’affidabilità dei fornitori su processi di produzione, controllo dei costi, valore creato, business continuity, come è emerso dall’emergenza Covd-19. Questo riscontro dovrebbe rappresentare un fattore di accelerazione del processo di investimento per l’adozione di un adeguato sistema di gestione del rischio di fornitura, auspicato dai responsabili degli uffici acquisti, in grado di aiutare le imprese a superare con meno fatica anche eventi imprevedibili e traumatici.
Nel caso della pandemia di COVID-19, uno studio di Deloitte ha evidenziato che le imprese che avevano sviluppato un sistema di gestione del rischio nella catena di fornitura e avevano stilato un piano di continuità operativa per garantire una risposta efficace al verificarsi di uno o più eventi di rischio, si sono dimostrate le più preparate a gestire le conseguenze della pandemia. Queste imprese, avendo creato una catena di fornitura geograficamente diversificata, sono riuscite a ridurre i rischi di fornitura relativi a specifici paesi o regioni impattate maggiormente dal virus. L’analisi della rete di fornitura ha permesso loro di individuare le fonti di rischio e prendere misure di mitigazione riducendo ad esempio la dipendenza da fornitori specifici oppure munendosi di scorte di emergenza.
È possibile pensare a tecniche di intelligenza artificiale per l’analisi predittiva dei rischi connessi ai diversi soggetti coinvolti nelle procedure di procurement. Ad esempio:
Molte delle numerose proposte organizzative per costruire una supply chain resiliente si basano su un adattamento ai differenti contesti aziendali. Tra queste si segnala appunto la creazione di una mappatura dei rischi di fornitura con le misure di contrasto da adottare; l’incremento della flessibilità organizzativa per attivare risposte immediate; la rinuncia temporanea alla metodologia lean per acquisire flessibilità e aumentare la ridondanza delle scorte. Le due strategie lean e agile, basate su principi comuni quali miglioramento continuo e collegamento tra strategia e obiettivi, appaiono complementari: la gestione snella sembra più adeguata per operazioni prevalentemente di routine e ripetibili, mentre l’agile può trovare applicazione a progetti o situazioni di emergenza. Un sapiente uso combinato può migliorare significativamente la qualità dell’operatività e della resilienza.
Nel contesto del tema della business continuity aziendale i responsabili degli uffici acquisti stanno adottando nuovi modelli. L’approccio alla gestione del rischio diventa più sistematico e “data driven”, grazie alla crescente disponibilità di dati messi a disposizione dalle piattaforme digitali di procurement e supply chain e da information provider e all’ingresso di nuove tecnologie quali l’intelligenza artificiale capace di operare su grandi quantità di dati e di produrre analisi descrittive, diagnostiche e predittive.
Articolo pubblicato su Approvvigionare febbraio 2021